26 aprile – Marche in zona gialla – riapertura MANaM

10 Mag

#ripARTiamo

I nuovi orari di apertura sono:

  • lunedì chiuso
  • martedì e mercoledì, dalle 8.30 alle 13.30 (ultimo ingresso ore 12.45)
  • giovedì, dalle 14.00 alle 19.30 (ultimo ingresso ore 18.45)
  • venerdì, dalle 8.30 alle 19.30 (ultimo ingresso ore 18.45)
  • sabato e domenica, dalle 14.00 alle 19.30 (solo su prenotazione, ultimo ingresso ore 18.45)

𝗡𝗲𝗹 𝘄𝗲𝗲𝗸𝗲𝗻𝗱 𝗲 𝗻𝗲𝗶 𝗴𝗶𝗼𝗿𝗻𝗶 𝗳𝗲𝘀𝘁𝗶𝘃𝗶 𝗱𝗮𝗹𝗹𝗲 𝟭𝟰.𝟬𝟬 𝗮𝗹𝗹𝗲 𝟭𝟵.𝟯𝟬, 𝗰𝗼𝗻 𝗮𝗰𝗰𝗲𝘀𝘀𝗼 𝗰𝗼𝗻𝘀𝗲𝗻𝘁𝗶𝘁𝗼 𝘀𝗼𝗹𝗼 𝘁𝗿𝗮𝗺𝗶𝘁𝗲 𝗽𝗿𝗲𝗻𝗼𝘁𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗲𝗳𝗳𝗲𝘁𝘁𝘂𝗮𝘁𝗮 𝘁𝗲𝗹𝗲𝗳𝗼𝗻𝗶𝗰𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗮𝗹 𝟬𝟳𝟭 𝟮𝟬𝟮𝟲𝟬𝟮 𝗮𝗹𝗺𝗲𝗻𝗼 𝗰𝗼𝗻 𝘂𝗻 𝗴𝗶𝗼𝗿𝗻𝗼 𝗱𝗶 𝗮𝗻𝘁𝗶𝗰𝗶𝗽𝗼.

Chiusura temporanea MANaM

28 Feb

Visto il perdurare della fase pandemica il Museo Archeologico Nazionale delle Marche garantirà l‘apertura al pubblico solamente se il territorio comunale è inserito in zona bianca o gialla (art.1, comma 10, lett. r del DPCM del 14/01/2021).

Riapertura musei statali della Direzione Regionale Musei Marche

30 Gen

Un primo piccolo passo verso la riapertura completa: dal 1° febbraio, dal lunedì al venerdì, i musei saranno di nuovo aperti al pubblico. Sul sito https://www.musei.marche.beniculturali.it/ tutti gli orari e le modalità di accesso degli 8 musei statali della Direzione Regionale Musei Marche. Vi aspettiamo dal vivo, ma nel frattempo continuate a seguirci (anche) on-line 😉

Chiusura temporanea Museo Archeologico Nazionale delle Marche

7 Nov

In ottemperanza al DPCM 3 novembre 2020, i Musei della 𝗗𝗶𝗿𝗲𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗥𝗲𝗴𝗶𝗼𝗻𝗮𝗹𝗲 𝗠𝘂𝘀𝗲𝗶 𝗠𝗮𝗿𝗰𝗵𝗲 resteranno 𝗰𝗵𝗶𝘂𝘀𝗶 𝗮𝗹 𝗽𝘂𝗯𝗯𝗹𝗶𝗰𝗼 𝗱𝗮𝗹 𝟲 𝗻𝗼𝘃𝗲𝗺𝗯𝗿𝗲 𝗮𝗹 𝟯 𝗱𝗶𝗰𝗲𝗺𝗯𝗿𝗲, a causa della recrudescenza della pandemia da COVID-19.
Dispiaciuti di non potervi accogliere, vi invitiamo a seguirci sui nostri canali social e sul nostro sito.
Continueremo a tenere accese le luci sulle nostre collezioni e a raccontarvele perché #laculturanonsiferma.
Noi ci siamo, #restateconNoi!!!

Progetto Topo Lino: avventure al museo per piccoli archeologi

19 Giu

Iniziato nel 2004 e patrocinato dai Servizi Educativi della Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche; il progetto “Topo Lino” ha il compito, non facile, di avvicinare all’ambiente del Museo gli studenti delle scuole primarie anconetane.

Progetto TopoLINO

Bambini, quindi, visti nell’ottica di “adulti del futuro”, ai quali non si deve fornire semplicemente una proiezione nella realtà degli argomenti studiati o un’integrazione parziale di essi. Infatti si ha avuta l’intenzione di abituarli a una visione a tutto tondo del mondo. Partendo, quindi, dai reperti archeologici, grazie alle varie attività proposte dal progetto si sono andati a toccare vari ambiti: storia, geografia, educazione artistica, scienze e matematica, spingendo gli studenti a non subire la lezione in modo passivo ma a osservare e interrogarsi su quello che gli viene mostrato. Le intenzioni del progetto sono varie e validissime: tra le più riconosciute, anche dagli insegnanti, ci sono quelle di far sviluppare ai ragazzi un pensiero critico, avvicinarli alla cultura, supportare la loro formazione scolastica, anche introducendo argomenti che saranno poi trattati in classe. Questi obbiettivi sono realizzabili grazie all’ampia gamma di attività proposte, che per poter essere pienamente efficaci, però, devono basarsi su un forte connubio tra la scuola ed il museo.

Quali sono le fondamenta di questa collaborazione tra istituzioni?

Innanzitutto a garantire la comprensione delle attività e delle spiegazioni fornite dai collaboratori del Museo Archeologico sono necessari prerequisiti che gli studenti devono avere; è quindi compito delle scuole prepararli al meglio per questa esperienza con lezioni mirate riguardanti gli argomenti che poi verranno affrontati nei percorsi formativi. D’altra parte le attività devono saper essere coinvolgenti e riuscire ad esprimere al meglio e in un linguaggio comprensibile i temi trattati ai giovani alunni. Necessario sarà, infine, sia per le guide che per gli insegnati ricordare ai ragazzi un comportamento corretto e coscienzioso all’interno della struttura contenendo, essa, oggetti di valore inestimabile.

IMG_20150519_104933

Come funzionano queste attività?

Gli itinerari si differenziano l’uno dall’altro per gli argomenti trattati. Si parte da una spiegazione riguardo ai reperti in esposizione cercando di coinvolgere il più possibile i ragazzi con racconti di stampo mitologico, domande aperte ed esempi relativi alla vita quotidiana per poi passare alle attività didattiche e di laboratorio. Queste insisteranno su specifici argomenti già affrontati nella parte precedente. Rispondere ai test, maneggiare fedeli riproduzioni degli strumenti visti e altre attività di tipo sostanzialmente ludico come imitare le pitture rupestri con le tempere sviluppano nei bambini un forte amore per la storia. L’attività conclusiva, infine, è “Oggi vi guido io” dove sono gli alunni stessi a mostrare ai loro parenti le stanze del museo ripercorrendo le tappe affrontate durante il progetto “Topo Lino” spiegando ciò che hanno imparato nel corso del tempo.

IMG_20141211_111745_1

Cosa ne pensano gli studenti?

In questo periodo di stage abbiamo avuto la possibilità di assistere a varie visite guidate: tutti i bambini, di diverse età e provenienti da diverse scuole, hanno accolto benevolmente le iniziative proposte dalle guide. Ascoltando infatti le loro aspettative e chiedendo cosa si aspettassero di vedere più di tutti, molti hanno risposto l’orsa, o meglio lo scheletro, che grazie al progetto “Topo Lino” ha assunto un ruolo di “mascotte” tant’è vero che gli studenti la chiamano amichevolmente Bruna.

IMG_20150519_102039b

A esperienza finita si sono detti sempre tutti molto divertiti e incuriositi ma ciò lo si poteva capire da come si accalcavano, seppur in modo ordinato, presso le vetrine per osservare con eccitazione e stupore i reperti citati dalla guida durante la spiegazione. Tra l’altro uno di noi stagisti ha partecipato in prima persona al progetto “Topo Lino” , quando frequentava le elementari ovviamente, e il fatto che abbia scelto il ramo dei “Beni Culturali” come campo per l’esperienza dello stage è indice di un amore per la cultura, sviluppato sin da bambino grazie anche a progetti come questo che mirano a mettere in contatto i giovanissimi con la storia, in questi giorni, passata spesso ingiustamente in secondo piano.

Marco Cannone, Agnese Cerioni

Archeochimica 2015 – Analisi su reperti bronzei rinvenuti a Novilara

15 Giu

Ospitiamo oggi la seconda e ultima parte del guestpost dei ragazzi della classe 4ACH dell’Istituto d’Istruzione Superiore “Volterra – Elia” di Torrette di Ancona (qui la prima parte) in cui ci descrivono le attività di analisi svolte sui bronzi e quelle di archeologia sperimentale. Buona lettura!

Durante l’attività di analisi dei bronzi rinvenuti negli scavi abbiamo seguito il seguente procedimento:

  • Vengono preparate soluzioni utilizzando i campioni consegnati dai responsabili del laboratorio di restauro della Soprintendenza Archeologica delle Marche;

  • Ogni campione viene pesato su una bilancia analitica, che permette di determinarne con estrema precisione il peso, misurando fino a un minimo di un decimo di milligrammo (0,0001 g);

  • I bronzi sono trattati per attacco acido con acqua regia (soluzione di acido nitrico e acido cloridrico) diluita e poi vengono messi a riposo per 24 ore sotto cappa a temperatura ambiente. Le soluzioni che sono state trattate vengono messe in un contenitore definito “matraccio” o “pallone” da 100 mL e poi portate a volume con acqua distillata, successivamente vengono lette allo spettrofotometro di assorbimento atomico, distinguendo la matrice (il superfluo) dall’analita (ciò che stiamo cercando: ad esempio la percentuale di piombo Pb, rame Cu, stagno Sn, Arsenico As).

ArcheoChimica

Spettrofotometro ad assorbimento atomico: uno degli strumenti più utilizzati dagli studenti per le analisi dei bronzi oltre all’ICP, strumento avanzatissimo presente solo all’Istituto d’Istruzione superiore “Volterra – Elia”.

Sono utili le nostre analisi?

Il 4 Giugno 2015 la classe 4ACH si è recata in visita al laboratorio di Restauro della Soprintendenza Archeologica delle Marche. In quest’occasione abbiamo potuto verificare come è strutturato e soprattutto renderci conto dell’importanza che ha il nostro intervento di analisi qualitative e quantitative per la determinazione della composizione dei reperti, in base alla quale gli archeologi potranno ipotizzare la provenienza dei componenti e il luogo di produzione dei medesimi. Ad esempio si potrebbe comprendere da quale gruppo culturale possa provenire il defunto individuato nelle tomba a incinerazione e altri dettagli estremamente importanti.

Archeologia sperimentale

Il 6 Giugno 2015 nel laboratorio di “Chimica qualitativa e quantitativa” dell’Istituto d’Istruzione Superiore “Volterra – Elia” di Torrette di Ancona si è tenuto come ogni anno il progetto “Archeologia sperimentale”, il cui scopo è quello di riprodurre oggetti con le stesse tecniche di fusione del metallo adottate nell’antichità. Ad esempio si è cercato di realizzare un pugnale identico ad un altro ritrovato in una tomba di Novilara, utilizzando la tecnica bivalve con ossi di seppia o argilla refrattaria, in cui era inserita una lega di rame e stagno fuso in una muffola (al posto del mantice). Se risulta facile fondere la lega, non sempre si può riuscire a realizzare l’oggetto, a causa della possibile formazione di bolle o per imperfezioni dello stampo utilizzato. Nonostante ciò il progetto ha un grosso impatto istruttivo sugli alunni sia dal punto di vista storico che chimico-tecnologico.

Momento dell'attività "Archeologia sperimentale" in cui dal crogiolo viene versato il bronzo fuso nello stampo apposito.

Momento dell’attività “Archeologia sperimentale” in cui dal crogiolo viene versato il bronzo fuso nello stampo apposito.

Rielaborato da Luca Sensoli, classe 3ACH, su testi e foto dell’attività realizzata nel corso dell’anno scolastico 2014-2015 dalla classe 4ACH dell’Istituto d’Istruzione Superiore “Volterra – Elia” di Torrette di Ancona

Ringraziamenti:

Gli alunni e i docenti dell’Istituto ringraziano i funzionari e il personale della Soprintendenza Archeologica delle Marche che nel corso dell’anno scolastico 2014-2015 hanno permesso la realizzazione delle attività relative al progetto “ArcheoChimica”, in particolare il Soprintendente dr. Mario Pagano, la dr. Maria Raffaella Ciuccarelli, la dr. Chiara Delpino, la dr. Francesca Farina, la dr Nicoletta Frapiccini, il dr. Fabio Milazzo, dr Fabio Fazzini, Emanuele Mandolini e Fabrizio Ferrini.

ArcheoChimica 2015 – Novilara ieri e oggi

12 Giu

Oggi ospitiamo la prima parte del guestpost dei ragazzi della classe 4ACH dell’Istituto d’Istruzione Superiore “Volterra – Elia” di Torrette di Ancona, che ci raccontano un altro momento del progetto ArcheoChimica,  quello della conferenza “Novilara ieri e oggi”. In questa prima parte troverete un approfondimento sulle ultime indagini archeologiche svolte nella zona di Novilara. Per la seconda appuntamento alla settimana prossima, buona lettura!

 

Il 28 Maggio 2015 si è tenuta presso Istituto d’Istruzione Superiore “Volterra – Elia” di Torrette di Ancona la conferenza “Novilara ieri e oggi”, durante la quale si sono ricordati sia gli scavi effettuati nell’800 sia gli interventi d’emergenza realizzati per l’ampliamento dell’A 14 negli anni 2012 e 2013, entrambi nella necropoli dell’età del ferro individuata presso l’abitato medioevale di Novilara e pertinente a un villaggio situato a 7 km a sud di Pesaro, sul colle di Santa Croce tra la testata della valletta del fosso dei Condotti e del Fosso Seiore.

A presentare la coordinatrice di indirizzo Chimico, prof.ssa Lucia Pellei. In prima fila da sinistra: Stefania Sebastiani, coordinatrice del Progetto ArcheoChimica, alcuni alunni della classe 4ACH e poi il dr. Fabio Milazzo restauratore e la dr. Chiara Delpino, funzionario archeologo della Soprintendenza Archeologica delle Marche. Dietro le classi 4, 3 e 2 dell’indirizzo chimico.

A presentare la coordinatrice di indirizzo Chimico, prof.ssa Lucia Pellei. In prima fila da sinistra: Stefania Sebastiani, coordinatrice del Progetto ArcheoChimica, alcuni alunni della classe 4ACH e poi il dr. Fabio Milazzo restauratore e la dr. Chiara Delpino, funzionario archeologo della Soprintendenza Archeologica delle Marche. Dietro le classi 4, 3 e 2 dell’indirizzo chimico.

La necropoli di Novilara risulta pertinente a una comunità tribale, costituita da poche centinaia di persone per ogni generazione, articolate in raggruppamenti gentilizi che nel VI sec. a.C. hanno subito una sorta di osmosi con le culture sviluppatesi in Romagna, come attestato dalla diffusione di bronzi votivi, della scrittura e di tecniche innovative. Nell’800 sono state individuate fuori contesto 4 stele funerarie, rappresentati scene di caccia, di combattimento, battaglie navali o iscrizioni riferibili alla scrittura Nord Picena, forse di derivazione etrusca, conservate alcune nel Museo Nazionale Preistorico Etnografico L. Pigorini di Roma e altre nel Museo Olivierano di Pesaro.

Archeochimica

Abbiamo potuto vedere le piante redatte alla fine dell’800, relative alle necropoli scoperte nel Fondo Molaroni e nel Fondo Servici. Si tratta di circa 300 tombe a inumazione a fossa rettangolare, prive di tumulo, alcune con cippo o stele databili tra l’inizio dell’VIII e i primi decenni del VI sec. a.C. Gli scheletri presentavano un orientamento variabile, erano in posizione fetale, posti su di un fianco, assieme al corredo: armi e fibule per gli uomini, vasi, fuseruole ed ornamenti per le donne. Si credeva che il fondo fosse ricoperto da uno strato di calce, invece si trattava di tracce di materiali organici, degradatisi nel corso dei secoli, come ci ha raccontato la dr. Chiara Delpino, funzionario archeologo della Soprintendenza Archeologica delle Marche, responsabile degli scavi archeologici condotti negli anni 2012 e 2013 in occasione dell’ampliamento della sede autostradale (A 14). L’intervento si definisce d’emergenza perché svolto in breve tempo e in ogni situazione atmosferica, soltanto nella “area Molaroni” già parzialmente indagata da E. Brizio nel 1892, nella parte della necropoli che doveva essere smantellata per effettuare i lavori autostradali.

La dr. Chiara Delpino presenta agli alunni dell'indirizzo chimico dell'Istituto d'Istruzione Superiore

La dr. Chiara Delpino presenta agli alunni dell’indirizzo chimico dell’Istituto d’Istruzione Superiore “Volterra – Elia” di Ancona i risultati delle proprie indagini di scavo.

Si sono potute individuare le stesse fosse scavate nell’800, utilizzando i disegni pubblicati nel Monumenti Antichi dei Lincei, ma anche guardando il terreno, si notavano macchie di differente colore, corrispondenti alle tombe. Si è potuto riconoscere anche il paleosuolo corrispondente all’antico alveo dei fossi succitati. Si sono trovati anche oggetti di corredo e lo scheletro di un cane che sono stati asportati insieme alla terra di riempimento e trasferiti nel laboratorio di restauro della Soprintendenza, dove sono stati analizzati ai raggi X per ricostruirne la disposizione. È importante poter analizzare e studiare gli oggetti di corredo perché hanno permesso di ipotizzare, il livello sociale e l’entità del villaggio di pertinenza, mai individuato, ma ipotizzato nella stessa collocazione dell’abitato moderno di Novilara, su un’altura a controllo della vallata e dell’approdo. Sono intervenuti anche gli antropologi che, analizzando i materiali provenienti dalle 157 inumazioni rinvenute durante gli scavi del 2012-2013, hanno potuto stabilire il rapporto tra sepolture femminili e sepolture maschili, inoltre si è stabilita la presenza di un consistente numero di deposizioni infantili, evidenziando anche le eventuale patologie genetiche e le cause del decesso.

Rielaborato da Luca Sensoli, classe 3ACH, su testi e foto dell’attività realizzata nel corso dell’anno scolastico 2014-2015 dalla classe 4ACH dell’Istituto d’Istruzione Superiore “Volterra – Elia” di Torrette di Ancona

Civitalba. Un tempio per la vittoria

25 Mag

Nel pomeriggio dello scorso 15 maggio, si è svolta, presso il nostro museo, l’attesa inaugurazione della nuova esposizione delle terrecotte architettoniche appartenenti al frontone e al fregio del tempio di Civitalba. Dopo un periodo che l’ha vista lontana dal pubblico, la decorazione torna quindi a essere esposta all’interno di Palazzo Ferretti di Ancona, anche grazie alla collaborazione con Expo Milano 2015, volta a dare lustro a quei territori solitamente lontani dai principali percorsi turistici nazionali.

L’inaugurazione è stata coordinata dal Soprintendente Archeologo delle Marche, dott. Mario Pagano, e dalla vicedirettrice del museo, dott.ssa Nicoletta Frapiccini, che hanno curato l’incontro svoltosi davanti a un folto pubblico.

L’inaugurazione, dal titolo significativo “Civitalba. Un tempio per la vittoria”, ha avuto inizio nella sala conferenze di Palazzo Ferretti, dove il dott. Pagano ha fin da subito sottolineato l’importanza dell’evento, definendo la nuova esposizione delle terrecotte come un “dovere” da parte dell’amministrazione che, nonostante la mancanza di fondi, è riuscita a riproporre al pubblico la decorazione, grazie a un lungo ma entusiasmante lavoro e alla passione per il proprio territorio. A questo proposito Pagano ha definito la decorazione un “punto di riferimento non solo per le Marche ma per tutta l’Europa centrale” in particolare per la presenza nel fregio di guerrieri celti. 

Pagano su Civitalba

La presentazione si è poi calata nel vivo, partendo dal luogo di ritrovamento delle terrecotte (risalenti alla seconda metà del II secolo a.C. ca.), rinvenute tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento nel sito di Civitalba (Sassoferrato-AN), impilate all’interno di una fossa sacra (favissa) e relative alla decorazione di un tempio. Quest’ultimo (di cui però non rimane nulla) sorgeva su un colle sovrastante la piana di Sentinum, teatro di due importanti battaglie per la storia di Roma: quella del 367 a.C. tra Furio Camillo e Brenno e, soprattutto, quella del 295 a.C. contro la coalizione di Senoni, Etruschi, Umbri e Sanniti, su cui i Romani riportarono una fondamentale e storica vittoria, seguita dalla romanizzazione del territorio, fino a quel momento controllato dai Galli. Proprio a queste battaglie allude la narrazione del fregio, dove è raffigurato ad altorilievo lo scontro tra divinità e gruppi di guerrieri, riconoscibili come Celti, sia per le loro caratteristiche fisiche (capelli lunghi con creste sollevate e baffi spioventi) sia per gli abiti (tuniche di pelliccia) e le armi (scudi quadrangolari oblunghi). Nella sequenza, dominata dai guerrieri impegnati nella lotta o nella fuga, è evidente la disfatta dei Celti che si ritirano abbandonando il bottino appena trafugato e travolgendo con il carro i loro stessi compagni, per soccombere infine alla furia delle divinità. Nella rappresentazione viene identificata la narrazione del mancato saccheggio del santuario di Delfi da parte dei Galli nel 279 a. C., difeso – stando alle fonti – da Apollo e dalle “vergini bianche”, Artemide e Athena Pronaia, e dagli eroi risorti, come Pirro-Neottolemo, figlio di Achille. Il fregio equipara quindi le grandi vittorie sui Galati celebrate dai sovrani Attalidi di Pergamo (III-II secolo a.C.), alla vittoria romana sui Celti.

Civitalba

A correnti ellenistiche si ispira anche il frontone del tempio, che desta i maggiori problemi di ricostruzione e apre ampio spazio al dibattito da parte degli addetti ai lavori. La rappresentazione del frontone mostra un contesto dionisiaco dove satiri, ninfe e due fanciulle dormienti circondano una scena centrale, purtroppo perduta. Quest’ultima forse ospitava la ierogamia di Dioniso e Arianna oppure il risveglio di Dioniso infante all’interno di una cesta (lyknon). La rappresentazione del frontone si ricollega quindi alla narrazione del fregio attraverso il comune riferimento al santuario di Delfi, dove accanto ad Apollo, veniva esaltato lo stesso Dioniso, il cui culto venne ulteriormente rinvigorito dagli Attalidi, che al dio facevano risalire la propria stirpe.

Il riferimento al culto di Dioniso in questo contesto si presenta interessante, soprattutto per un periodo di poco successivo al Senatus consultum del 186 a.C., con cui si vietavano in tutta Italia i festeggiamenti in onore di Bacco-Dioniso.

Dopo il Soprintendente è intervenuta la dott.ssa Nicoletta Frapiccini, che ha curato personalmente l’esposizione. L’intervento è iniziato con il riferimento al lungo e appassionante studio che ha permesso la nuova esposizione, sottolineando come sia stato possibile solo grazie a un lavoro di equipe, a cui hanno partecipato numerose professionalità (dal personale amministrativo a quello di vigilanza del museo, dai restauratori ai responsabili della comunicazione).

Frapiccini su Civitalba

La dott.ssa Frapiccini ha iniziato facendo subito riferimento all’inserimento all’interno del frontone di un pezzo rappresentante un genio alato, precedentemente espunto da chi appoggiava l’ipotesi della ierogamia (in questo caso, infatti, non ci sarebbe stato spazio per la figura), ma ora inserito nella decorazione di cui presenta lo stesso impasto, gli stessi inclusi nell’argilla e la stessa base di altri pezzi, a supporto dell’ipotesi del risveglio di Dioniso Lyknites nella scena centrale.

La Frapiccini ha poi accennato al parallelismo tra la decorazione di Civitalba e quella del tempio di Talamone (GR), a proposito delle quali ha sottolineato come esse, pur essendo vicine dal punto di vista della rappresentazione, siano differenti dal punto di vista stilistico, presentando quello di Civitalba una più spiccata tridimensionalità, con figure più aggettanti e tutte rivolte verso lo spettatore, segno di una maggiore forza e incisività degli influssi orientali o, forse, della stessa presenza di coroplasti orientali sul suolo italico. A questo si aggiunge, soprattutto grazie alla scena dionisiaca del frontone, un non velato riferimento alla dinastia degli Attalidi, segno forse di un maggior spessore intellettuale da parte degli stessi committenti del tempio.

Al termine della conferenza ci si è poi spostati al primo piano del museo dove è avvenuto il consueto taglio del nastro e dove gli entusiasti presenti hanno potuto ammirare dal vivo la decorazione posta nella nuova e suggestiva collocazione lungo il corridoio del primo piano di Palazzo Ferretti. Davanti ad essa è continuato l’intenso dibattito rispetto a una decorazione che presenta numerosi spunti di discussione e ancora molti nodi da sciogliere.

Inaugurazione Civitalba

Vi aspettiamo quindi al museo per ammirare dal vivo e dire la vostra sulla decorazione di Civitalba!

 

Elena Montesi

Giovani chimici al museo: il racconto del progetto ArcheoChimica

11 Mag

Oggi ospitiamo un post di Davide Cicetti, studente della quarta chimica dell’Istituto Volterra-Elia di Torrette di Ancona, che ci racconta l’ultima ricerca portata a termine all’interno del progetto ArcheoChimica, attivo dal 2003 in virtù dell’accordo tra Soprintendenza e l’istituto superiore. Le analisi sull’Apollino di Palazzo Ferretti sono state presentate al nostro museo lo scorso 24 gennaio dagli studenti della professoressa Stefania Sebastiani. Ora la parola a Davide!

locandina archeochimica

Con il progetto ArcheoChimica attraverso ricerche, esperimenti e prove in laboratorio si cerca di dare una risposta a quelle domande che ci poniamo davanti a un reperto storico o molto più semplicemente (come avviene ogni giorno nella vita comune) a un materiale. Le domande che con più frequenza vengono poste dagli esperti sono principalmente queste: “di che materiale e fatto/a?”, “è un reperto originale?”.

Molte volte l’incompetenza e il non conoscere la realtà delle cose innesca nella mentalità della gente quel meccanismo che ci fa credere a tutto, pur non essendone pienamente sicuri.

1Con l’aiuto dei nostri docenti di chimica (che ci hanno affiancato in laboratorio) e la nostra prof. di storia e italiano per quello che riguardava il campo storico-umanistico noi, ragazzi della quarta chimica dell’Istituto Volterra-Elia di Torrette di Ancona durante un’uscita didattica al Museo Archeologico Nazionale delle Marche, abbiamo avuto l’occasione di poter analizzare un piccolo campione della scultura neoclassica “Apollino di Palazzo Ferretti”. Il fine di questa indagine era confermare la consistenza e il materiale con cui erano state realizzate la statua ed il basamento. Le indagini di laboratorio hanno confermato che l’Apollino è di marmo, ma i dati più interessanti sono risultati dall’analisi del suo basamento. Nel nostro caso, infatti, ci siamo trovati di fronte a una colonna di sostegno, un basamento di dubbia origine, che abbiamo ipotizzato fosse in pietra ricostruita. Il primo dubbio era sorto già dall’esame esteriore, infatti:

  • la pietra ricostruita è calda al tatto;
  • non presenta venature sottili di marmi e pietre;
  • se percossa, udiamo un suono sordo;
  • non ha lucidità né cristalli di quarzo o calcite nella sua struttura, elementi che sono invece ben visibili nelle vere pietre naturali.

Ovviamente il nostro, essendo un lavoro che doveva essere esposto a un pubblico che ha il diritto di conoscere fatti certi, non poteva essere confermato solo dall’apparenza: aveva bisogno di dati e certezze che provenissero da analisi quantitative e qualitative.

Le analisi quantitative e chimico fisiche da noi svolte sono state quattro:

  • la determinazione dell’acqua igroscopica. L’igroscopia è la capacità di una sostanza di assorbire le molecole d’acqua presenti nell’ambiente circostante;
  • la determinazione della perdita di calcinazione (procedura che viene svolta in muffola a 900° C). Essa rappresenta l’acqua di combinazione, le sostanze organiche e l’anidride carbonica che si sviluppa per il decomporsi di carbonati di magnesio e di calcio nei rispettivi ossidi ed anidride carbonica (CO2);
  • la determinazione del “calcare totale”, attraverso una prova gas-volumetrica con il calcimetro Dietrich-Frohling, la quale si basa sulla reazione tra il carbonato di calcio CaCO3, presente nel campione lapideo e l’acido cloridrico HCl, con conseguente sviluppo di anidride carbonica CO2, le cui moli sono stechiometricamente uguali a quelle di CaCO3. Dal volume di gas misurato riusciamo a risalire alla quantità di composto presente nel campione di partenza;
  • la solubilità ovvero la capacità che aveva il campione di sciogliersi in acqua.

2Abbiamo poi eseguito l’analisi qualitativa che si basava sulla verifica della presenza di ioni e cationi.

I risultati delle analisi sono riportati nella tabella allegata e come possiamo vedere, il dato sul basamento risulta significativamente diverso dagli altri, confermando la nostra ipotesi: la colonna di sostegno non è stata realizzata in marmo rosso, ma con la tecnica marmorea.

La domanda che ci sorge spontanea è: “che cos’è la marmorea?”

Probabilmente la maggior parte di noi la conosce meglio come un particolare tipo di intonaco (intonaco marmorato, intonaco a marmorea), è un sinonimo di stucco ovvero un impasto trattato in modo da imitare la consistenza e la brillantezza di superfici in marmo. La sua realizzazione è facile, essendo un semplice miscuglio composto da calce spenta mescolata a polvere di marmo, spesso utilizzata nelle decorazioni plastiche e/o come intonaco di finitura.

3

La marmorea fu utilizzata già diversi secoli prima, ma vediamo meglio la sua storia e i suoi utilizzi:

  • In epoca romana veniva utilizzata come mano finale negli intonaci colorati.
  • Nel Medioevo acquisì un ruolo secondario utilizzata solo per le stesure di base.
  • Fine del ‘400: per imitare le sculture romane si lisciavano le statue con un intonaco di sabbia.
  • ‘600-‘700: fu il periodo di massima diffusione, lo spessore minimo era di 4 millimetri.
  • ‘800: con l’ aumento del costo della manodopera nell’Ottocento si tralasciano le laboriose lavorazioni con calce, puntando più al risparmio, utilizzando così i marmorini (composti formati da gesso e colla), sostituendo così la costosa marmorea.

4

Anche il tema storico è stato affrontato, potendo così ipotizzare la cronologia e la provenienza della statua e del resto delle opere analizzate. Durate la presentazione al pubblico che si è tenuta sabato 24 gennaio 2015 all’interno della sala conferenze del Museo Archeologico Nazionale delle Marche ad Ancona, abbiamo esposto i nostri risultati e gli argomenti, approfonditi durante l’anno, relativi alle tematiche correlate, come il degrado delle opere d’arte a causa di fattori climatici (umidità, vento, variazioni di temperatura), ma anche dell’inquinamento atmosferico (ozono, biossido di zolfo). Abbiamo analizzato dunque anche i vari tipi di degrado (fisico, chimico, biologico) subiti dai monumenti anconetani. Tra i principali troviamo il fenomeno delle croste nere, visibile prima dei periodici restauri sulla facciata della chiesa di Santa Maria della Piazza, il fenomeno della cristallizzazione dei sali solubili visibili nelle mura del Sangallo.

L’esperienza di cui la nostra classe si è resa protagonista, non è stata vissuta solo come una prova di valutazione. Ma bensì come un momento importante per osservare con altri occhi, capire ed entrare a fondo nella realtà in cui viviamo, cambiando in parte le nostre idee, portandoci a vivere nella nostra città in maniera migliore, tutelando, nel nostro piccolo, le opere d’arte lasciateci dalla storia che, a causa di numerosi agenti inquinanti, si stanno pian piano distruggendo.

Davide Cicetti, 4 ACH

Tabella riassuntiva dei dati sperimentali

Campioni di elementi lapidei – Prelievo: Museo Archeologico Ancona

tabella materiali

 

Un pomeriggio memorabile

16 Mar

Quella che con grande piacere pubblichiamo oggi è una lettera ricevuta dalla Comunità socio educativa riabilitativa “Il Cigno”: il racconto si riferisce ad una delle esperienze “Archeotouch” a cui gli utenti dell’associazione hanno partecipato durante lo scorso anno grazie all’accordo tra la Soprintedenza per i Beni archeologici delle Marche e il Comune di Ancona, Settore Politiche sociali ed educative. Buona lettura!

Anche quest’anno i nostri ospiti hanno avuto il piacere di essere invitati a visitare il museo archeologico e di partecipare attivamente ai laboratori proposti.

In questa seconda edizione la partecipazione della nostra comunità è stata tutta al femminile. Le nostre tre ospiti hanno manifestato un interesse attivo attraverso l’osservazione, l’ascolto, commenti e curiosità espressi con la formulazione di diverse domande.

Per comprendere meglio anche alcune fasi del difficile lavoro di reperimento e di assemblamento dei reperti custoditi nel museo, al termine delle visite, le ragazze si sono divertite con il laboratorio cimentandosi a sperimentare alcune attività manuali.

Logo Archeotouch

Di seguito riportiamo l’esperienza che una delle ragazze ha avuto il piacere di relazionare.

“… le due signora Paola e Carmen ci hanno accolto e mostrato quello che è il Museo Archeologico, cioè un palazzo del ‘500 o ‘600 più o meno, molto signorile. Si chiama infatti Palazzo Ferretti. I Ferretti, che erano dei nobili dell’epoca, una famiglia ricca in questa zona. Quel palazzo ci ha affascinato; “a noi l’antichità, la storia antica ci affascina”.

“… poi ci hanno fatto vedere degli utensili raccolti nei cimiteri dove erano sotterrati, gli utensili erano di 2500 anni fa, quando moriva un nobile i propri utensili venivano sepolti con lui. Abbiamo visto anfore, crateri (quelle più grandi), porta gioie (che non ci ricordiamo come si chiamavano perché avevano nomi greci), tazze e piatti dell’epoca. Per le donne c’erano collane e servivano per far loro compagnia nell’aldilà. Facevano funerali molto lunghi e delle cerimonie che duravano lunghe ore. Ma ritorniamo a quegli utensili; c’erano disegni di guerrieri, di gufi e di civette. Poi ci hanno mostrato tazze, brocche e piatti di oggi per farci capire come erano quegli oggetti e che ne facciamo lo stesso uso di oggi… ma non è finito qui, ci hanno proposto di lavorare, cioè di attaccare dei cocci di tazze (di adesso) con nastro adesivo. Noi abbiamo subito accettato e ci hanno portato in un’altra stanza dove c’erano questi oggetti. Io e Lucia credevamo che non ci saremmo riuscite facilmente, Simonetta invece si è buttata all’avventura. Bisognava comporre come in un puzzle i pezzi che combaciavano, noi cercavamo di riuscirci da sole ma sembrava un po’ difficile. Con l’aiuto però di Paola, di Carmen e dell’educatrice ci siamo riuscite. Simonetta doveva disegnare la forma di un cratere su un foglio, cioè disegnare intorno ad una forma su carta e farla uguale; con l’aiuto di Tania c’è riuscita benissimo e ha anche colorato. Ci siamo divertite in quest’opera di restauro. Questo museo per quanto ci ha colpito (e tutto ciò che abbiamo visto) è entrato profondamente dentro la nostra memoria e dobbiamo dire che è stato un pomeriggio memorabile. Ci ritorneremo senz’altro dato il bellissimo pomeriggio.”

Il Cigno

il cigno archeotouch