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Civitalba. Un tempio per la vittoria

25 Mag

Nel pomeriggio dello scorso 15 maggio, si è svolta, presso il nostro museo, l’attesa inaugurazione della nuova esposizione delle terrecotte architettoniche appartenenti al frontone e al fregio del tempio di Civitalba. Dopo un periodo che l’ha vista lontana dal pubblico, la decorazione torna quindi a essere esposta all’interno di Palazzo Ferretti di Ancona, anche grazie alla collaborazione con Expo Milano 2015, volta a dare lustro a quei territori solitamente lontani dai principali percorsi turistici nazionali.

L’inaugurazione è stata coordinata dal Soprintendente Archeologo delle Marche, dott. Mario Pagano, e dalla vicedirettrice del museo, dott.ssa Nicoletta Frapiccini, che hanno curato l’incontro svoltosi davanti a un folto pubblico.

L’inaugurazione, dal titolo significativo “Civitalba. Un tempio per la vittoria”, ha avuto inizio nella sala conferenze di Palazzo Ferretti, dove il dott. Pagano ha fin da subito sottolineato l’importanza dell’evento, definendo la nuova esposizione delle terrecotte come un “dovere” da parte dell’amministrazione che, nonostante la mancanza di fondi, è riuscita a riproporre al pubblico la decorazione, grazie a un lungo ma entusiasmante lavoro e alla passione per il proprio territorio. A questo proposito Pagano ha definito la decorazione un “punto di riferimento non solo per le Marche ma per tutta l’Europa centrale” in particolare per la presenza nel fregio di guerrieri celti. 

Pagano su Civitalba

La presentazione si è poi calata nel vivo, partendo dal luogo di ritrovamento delle terrecotte (risalenti alla seconda metà del II secolo a.C. ca.), rinvenute tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento nel sito di Civitalba (Sassoferrato-AN), impilate all’interno di una fossa sacra (favissa) e relative alla decorazione di un tempio. Quest’ultimo (di cui però non rimane nulla) sorgeva su un colle sovrastante la piana di Sentinum, teatro di due importanti battaglie per la storia di Roma: quella del 367 a.C. tra Furio Camillo e Brenno e, soprattutto, quella del 295 a.C. contro la coalizione di Senoni, Etruschi, Umbri e Sanniti, su cui i Romani riportarono una fondamentale e storica vittoria, seguita dalla romanizzazione del territorio, fino a quel momento controllato dai Galli. Proprio a queste battaglie allude la narrazione del fregio, dove è raffigurato ad altorilievo lo scontro tra divinità e gruppi di guerrieri, riconoscibili come Celti, sia per le loro caratteristiche fisiche (capelli lunghi con creste sollevate e baffi spioventi) sia per gli abiti (tuniche di pelliccia) e le armi (scudi quadrangolari oblunghi). Nella sequenza, dominata dai guerrieri impegnati nella lotta o nella fuga, è evidente la disfatta dei Celti che si ritirano abbandonando il bottino appena trafugato e travolgendo con il carro i loro stessi compagni, per soccombere infine alla furia delle divinità. Nella rappresentazione viene identificata la narrazione del mancato saccheggio del santuario di Delfi da parte dei Galli nel 279 a. C., difeso – stando alle fonti – da Apollo e dalle “vergini bianche”, Artemide e Athena Pronaia, e dagli eroi risorti, come Pirro-Neottolemo, figlio di Achille. Il fregio equipara quindi le grandi vittorie sui Galati celebrate dai sovrani Attalidi di Pergamo (III-II secolo a.C.), alla vittoria romana sui Celti.

Civitalba

A correnti ellenistiche si ispira anche il frontone del tempio, che desta i maggiori problemi di ricostruzione e apre ampio spazio al dibattito da parte degli addetti ai lavori. La rappresentazione del frontone mostra un contesto dionisiaco dove satiri, ninfe e due fanciulle dormienti circondano una scena centrale, purtroppo perduta. Quest’ultima forse ospitava la ierogamia di Dioniso e Arianna oppure il risveglio di Dioniso infante all’interno di una cesta (lyknon). La rappresentazione del frontone si ricollega quindi alla narrazione del fregio attraverso il comune riferimento al santuario di Delfi, dove accanto ad Apollo, veniva esaltato lo stesso Dioniso, il cui culto venne ulteriormente rinvigorito dagli Attalidi, che al dio facevano risalire la propria stirpe.

Il riferimento al culto di Dioniso in questo contesto si presenta interessante, soprattutto per un periodo di poco successivo al Senatus consultum del 186 a.C., con cui si vietavano in tutta Italia i festeggiamenti in onore di Bacco-Dioniso.

Dopo il Soprintendente è intervenuta la dott.ssa Nicoletta Frapiccini, che ha curato personalmente l’esposizione. L’intervento è iniziato con il riferimento al lungo e appassionante studio che ha permesso la nuova esposizione, sottolineando come sia stato possibile solo grazie a un lavoro di equipe, a cui hanno partecipato numerose professionalità (dal personale amministrativo a quello di vigilanza del museo, dai restauratori ai responsabili della comunicazione).

Frapiccini su Civitalba

La dott.ssa Frapiccini ha iniziato facendo subito riferimento all’inserimento all’interno del frontone di un pezzo rappresentante un genio alato, precedentemente espunto da chi appoggiava l’ipotesi della ierogamia (in questo caso, infatti, non ci sarebbe stato spazio per la figura), ma ora inserito nella decorazione di cui presenta lo stesso impasto, gli stessi inclusi nell’argilla e la stessa base di altri pezzi, a supporto dell’ipotesi del risveglio di Dioniso Lyknites nella scena centrale.

La Frapiccini ha poi accennato al parallelismo tra la decorazione di Civitalba e quella del tempio di Talamone (GR), a proposito delle quali ha sottolineato come esse, pur essendo vicine dal punto di vista della rappresentazione, siano differenti dal punto di vista stilistico, presentando quello di Civitalba una più spiccata tridimensionalità, con figure più aggettanti e tutte rivolte verso lo spettatore, segno di una maggiore forza e incisività degli influssi orientali o, forse, della stessa presenza di coroplasti orientali sul suolo italico. A questo si aggiunge, soprattutto grazie alla scena dionisiaca del frontone, un non velato riferimento alla dinastia degli Attalidi, segno forse di un maggior spessore intellettuale da parte degli stessi committenti del tempio.

Al termine della conferenza ci si è poi spostati al primo piano del museo dove è avvenuto il consueto taglio del nastro e dove gli entusiasti presenti hanno potuto ammirare dal vivo la decorazione posta nella nuova e suggestiva collocazione lungo il corridoio del primo piano di Palazzo Ferretti. Davanti ad essa è continuato l’intenso dibattito rispetto a una decorazione che presenta numerosi spunti di discussione e ancora molti nodi da sciogliere.

Inaugurazione Civitalba

Vi aspettiamo quindi al museo per ammirare dal vivo e dire la vostra sulla decorazione di Civitalba!

 

Elena Montesi

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Giovani chimici al museo: il racconto del progetto ArcheoChimica

11 Mag

Oggi ospitiamo un post di Davide Cicetti, studente della quarta chimica dell’Istituto Volterra-Elia di Torrette di Ancona, che ci racconta l’ultima ricerca portata a termine all’interno del progetto ArcheoChimica, attivo dal 2003 in virtù dell’accordo tra Soprintendenza e l’istituto superiore. Le analisi sull’Apollino di Palazzo Ferretti sono state presentate al nostro museo lo scorso 24 gennaio dagli studenti della professoressa Stefania Sebastiani. Ora la parola a Davide!

locandina archeochimica

Con il progetto ArcheoChimica attraverso ricerche, esperimenti e prove in laboratorio si cerca di dare una risposta a quelle domande che ci poniamo davanti a un reperto storico o molto più semplicemente (come avviene ogni giorno nella vita comune) a un materiale. Le domande che con più frequenza vengono poste dagli esperti sono principalmente queste: “di che materiale e fatto/a?”, “è un reperto originale?”.

Molte volte l’incompetenza e il non conoscere la realtà delle cose innesca nella mentalità della gente quel meccanismo che ci fa credere a tutto, pur non essendone pienamente sicuri.

1Con l’aiuto dei nostri docenti di chimica (che ci hanno affiancato in laboratorio) e la nostra prof. di storia e italiano per quello che riguardava il campo storico-umanistico noi, ragazzi della quarta chimica dell’Istituto Volterra-Elia di Torrette di Ancona durante un’uscita didattica al Museo Archeologico Nazionale delle Marche, abbiamo avuto l’occasione di poter analizzare un piccolo campione della scultura neoclassica “Apollino di Palazzo Ferretti”. Il fine di questa indagine era confermare la consistenza e il materiale con cui erano state realizzate la statua ed il basamento. Le indagini di laboratorio hanno confermato che l’Apollino è di marmo, ma i dati più interessanti sono risultati dall’analisi del suo basamento. Nel nostro caso, infatti, ci siamo trovati di fronte a una colonna di sostegno, un basamento di dubbia origine, che abbiamo ipotizzato fosse in pietra ricostruita. Il primo dubbio era sorto già dall’esame esteriore, infatti:

  • la pietra ricostruita è calda al tatto;
  • non presenta venature sottili di marmi e pietre;
  • se percossa, udiamo un suono sordo;
  • non ha lucidità né cristalli di quarzo o calcite nella sua struttura, elementi che sono invece ben visibili nelle vere pietre naturali.

Ovviamente il nostro, essendo un lavoro che doveva essere esposto a un pubblico che ha il diritto di conoscere fatti certi, non poteva essere confermato solo dall’apparenza: aveva bisogno di dati e certezze che provenissero da analisi quantitative e qualitative.

Le analisi quantitative e chimico fisiche da noi svolte sono state quattro:

  • la determinazione dell’acqua igroscopica. L’igroscopia è la capacità di una sostanza di assorbire le molecole d’acqua presenti nell’ambiente circostante;
  • la determinazione della perdita di calcinazione (procedura che viene svolta in muffola a 900° C). Essa rappresenta l’acqua di combinazione, le sostanze organiche e l’anidride carbonica che si sviluppa per il decomporsi di carbonati di magnesio e di calcio nei rispettivi ossidi ed anidride carbonica (CO2);
  • la determinazione del “calcare totale”, attraverso una prova gas-volumetrica con il calcimetro Dietrich-Frohling, la quale si basa sulla reazione tra il carbonato di calcio CaCO3, presente nel campione lapideo e l’acido cloridrico HCl, con conseguente sviluppo di anidride carbonica CO2, le cui moli sono stechiometricamente uguali a quelle di CaCO3. Dal volume di gas misurato riusciamo a risalire alla quantità di composto presente nel campione di partenza;
  • la solubilità ovvero la capacità che aveva il campione di sciogliersi in acqua.

2Abbiamo poi eseguito l’analisi qualitativa che si basava sulla verifica della presenza di ioni e cationi.

I risultati delle analisi sono riportati nella tabella allegata e come possiamo vedere, il dato sul basamento risulta significativamente diverso dagli altri, confermando la nostra ipotesi: la colonna di sostegno non è stata realizzata in marmo rosso, ma con la tecnica marmorea.

La domanda che ci sorge spontanea è: “che cos’è la marmorea?”

Probabilmente la maggior parte di noi la conosce meglio come un particolare tipo di intonaco (intonaco marmorato, intonaco a marmorea), è un sinonimo di stucco ovvero un impasto trattato in modo da imitare la consistenza e la brillantezza di superfici in marmo. La sua realizzazione è facile, essendo un semplice miscuglio composto da calce spenta mescolata a polvere di marmo, spesso utilizzata nelle decorazioni plastiche e/o come intonaco di finitura.

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La marmorea fu utilizzata già diversi secoli prima, ma vediamo meglio la sua storia e i suoi utilizzi:

  • In epoca romana veniva utilizzata come mano finale negli intonaci colorati.
  • Nel Medioevo acquisì un ruolo secondario utilizzata solo per le stesure di base.
  • Fine del ‘400: per imitare le sculture romane si lisciavano le statue con un intonaco di sabbia.
  • ‘600-‘700: fu il periodo di massima diffusione, lo spessore minimo era di 4 millimetri.
  • ‘800: con l’ aumento del costo della manodopera nell’Ottocento si tralasciano le laboriose lavorazioni con calce, puntando più al risparmio, utilizzando così i marmorini (composti formati da gesso e colla), sostituendo così la costosa marmorea.

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Anche il tema storico è stato affrontato, potendo così ipotizzare la cronologia e la provenienza della statua e del resto delle opere analizzate. Durate la presentazione al pubblico che si è tenuta sabato 24 gennaio 2015 all’interno della sala conferenze del Museo Archeologico Nazionale delle Marche ad Ancona, abbiamo esposto i nostri risultati e gli argomenti, approfonditi durante l’anno, relativi alle tematiche correlate, come il degrado delle opere d’arte a causa di fattori climatici (umidità, vento, variazioni di temperatura), ma anche dell’inquinamento atmosferico (ozono, biossido di zolfo). Abbiamo analizzato dunque anche i vari tipi di degrado (fisico, chimico, biologico) subiti dai monumenti anconetani. Tra i principali troviamo il fenomeno delle croste nere, visibile prima dei periodici restauri sulla facciata della chiesa di Santa Maria della Piazza, il fenomeno della cristallizzazione dei sali solubili visibili nelle mura del Sangallo.

L’esperienza di cui la nostra classe si è resa protagonista, non è stata vissuta solo come una prova di valutazione. Ma bensì come un momento importante per osservare con altri occhi, capire ed entrare a fondo nella realtà in cui viviamo, cambiando in parte le nostre idee, portandoci a vivere nella nostra città in maniera migliore, tutelando, nel nostro piccolo, le opere d’arte lasciateci dalla storia che, a causa di numerosi agenti inquinanti, si stanno pian piano distruggendo.

Davide Cicetti, 4 ACH

Tabella riassuntiva dei dati sperimentali

Campioni di elementi lapidei – Prelievo: Museo Archeologico Ancona

tabella materiali

 

Vita a Palazzo Ferretti senza barriere con Archeotouch

15 Dic

Pochi giorni prima della Giornata Nazionale dell’Archeologia, del Patrimonio Artistico e del Restauro promossa dal MIBACT, la Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche ha aderito anche ad un altro importante appuntamento.

La mattina del 3 Dicembre, infatti, il nostro museo ha ospitato alcuni ragazzi della struttura “C’era l’H” di Fabriano in occasione della Giornata Internazionale dei Diritti delle persone con disabilità, istituita dalla Commissione Europea in accordo con le Nazioni Unite.
Un’iniziativa volta a diffondere e approfondire la conoscenza sui temi della disabilità, a sostenere la piena inclusione delle persone con disabilità in ogni ambito della vita e per allontanare ogni forma di discriminazione.

Il percorso designato, “Archeotouch – Vita a Palazzo Ferretti”, è iniziato nell’androne dove i ragazzi sono stati accolti dalla dottoressa Frapiccini, la quale ha brevemente introdotto alla visita con alcune notizie riguardanti Palazzo Ferretti.

Giornata della disabilità

Quindi sotto l’esperta guida della dottoressa Farina, il gruppo è salito al primo piano percorrendo l’ampia scala che porta al primo piano del Museo e ha visitato tutte le stanze, facendo attenzione soprattutto a come era la vita quotidiana ai tempi del conte Antonio Ferretti. I nostri visitatori, coinvolti attivamente nel tour, si sono dimostrati interessati in particolare quando si è cercato di fare un raffronto tra la vita cinquecentesca e le nostre abitudini attuali.
Per rendere ancor più fruibile l’esperienza, ci si è avvalsi del manichino del primo piano che indossa una bella riproduzione di abito Cinquecentesco della Contessa Ferretti, che i ragazzi hanno adornato con bracciali, anelli e collane messe a loro disposizione dallo staff del Museo.

Giornata disabilità 2

Citando la dottoressa Frapiccini durante l’intervista al Telegiornale Regionale andato in onda il giorno stesso dell’evento, si è trattato di “un’archeologia senza barriere”, che si può toccare con mano, proprio come hanno potuto fare i visitatori sia con l’abito del manichino sopracitato sia durante il laboratorio conclusivo dove li si è portati a conoscere diverse stoffe, anche moderne, cercando di richiamare la curiosità sulle sensazioni provate maneggiandole.

Giornata disabilità 3

Un evento di successo, che ha portato già altri centri come quello di “C’era l’H” a prendere contatti per potervi partecipare, e un’occasione anche per noi di approfondire il rapporto con persone ancora capaci di meravigliarsi ed entusiasmarsi con una spontaneità e cristallinità a cui spesso non si più abituati.

Andrea Principi

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Al Museo con il Minotauro

27 Nov

Nella piovosa domenica del 16 novembre, all’interno del Museo Archeologico Nazionale delle Marche di Ancona si è respirata l’atmosfera mitica dell’Antica Grecia.

L’iniziativa della “Caccia al Minotauro” è stata una replica del 12 ottobre in cui, in occasione della Giornata Nazionale della Famiglia al Museo, il tema proposto è stato proprio il filo di Arianna. Si tratta di un laboratorio didattico per bambini dai 5 ai 12 anni, incentrato sul mito di Arianna, mentre genitori e adulti hanno goduto di una visita guidata tra le affascinanti collezioni all’interno di Palazzo Ferretti.

minotauro1

I bambini che hanno ascoltato e partecipato alla favola mitica di Arianna e Teseo, sono stati poi coinvolti attivamente ad interpretare l’episodio centrale: la caccia al Minotauro.

Nella splendida cornice del Palazzo cinquecentesco, i bambini sono diventati i protagonisti della storia: rivestendo un ruolo e un personaggio ben preciso, hanno cominciato la ricerca dell’orribile mostro, rivivendo fedelmente l’episodio.

Ognuno ha indossato abiti e accessori del tempo, armati di gomitolo che dovevano srotolare durante il loro percorso nelle varie stanze del Museo senza rompere il filo, che sarebbe servito per uscire dal labirinto e tornare da Arianna, dopo aver trovato e ucciso il Minotauro.

L’episodio del mito si è rivelato attraverso le straordinarie pitture che ornano un antico vaso attico: il Cratere con Bacco e Arianna.minotauro2

Infine, ad ognuno dei partecipanti è stato rilasciato un attestato e contestualmente i bambini sono stati invitati ad esprimere le proprie emozioni.

Ad onor del vero Matteo scrive:

“E’ stato il gioco più bello del mondo”

I bambini sono rimasti entusiasti di mascherarsi e vivere una storia in cui i protagonisti erano proprio loro. Un modo divertente, tra gioco, teatro e favola di capire la storia attraverso la mitologia e l’archeologia. Un tuffo nel passato dove sogni e favole sono divenute realtà grazie all’entusiasmo, la professionalità e la passione degli operatori del Museo.

Giada Agizza

 

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L’anfiteatro romano di Ancona tra archeologia e innovazione

14 Lug

Una serata densa di novità quella di mercoledì 9 luglio sulla terrazza di Palazzo Ferretti. Il restauro dell’anfiteatro di Ancona con la presentazione dell’innovativo progetto ArcheoGarden, argomento della quarto incontro per “Al Museo archeologico di sera”, ha portato al Museo il pubblico delle grandi occasioni, curioso di conoscere il destino dell’area archeologica più estesa della città.

Negli stessi giorni in cui l’anfiteatro si accinge ad ospitare la stagione teatrale estiva, la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici, con l’intervento di Stefano Gizzi, e quella per i Beni Archeologici, con Nicoletta Frapiccini che ha curato l’organizzazione dell’incontro, hanno illustrato alla cittadinanza i progetti per il restauro, la fruizione e la valorizzazione del monumento in corso di attuazione e i risultati degli ultimi saggi di scavo.

scavi dell'anfiteatro

Stefano Gizzi ha introdotto l’intero progetto mettendone subito in evidenza l’obiettivo finale: legare l’area dell’anfiteatro al resto della città, inserendolo all’interno di percorsi che si dovranno avvalere oltre che del nuovo ascensore di Palazzo degli Anziani entrato in funzione da pochi giorni, anche di passerelle e passaggi permeabili che permetteranno di accedere al monumento e ai resti archeologici circostanti. Il Soprintendente ha quindi ripercorso brevemente la storia della scoperta e delle indagini svolte dall’800 ad oggi, soffermandosi in particolare sulle soluzioni architettoniche adottate tra anni ’70 e anni ’80 per rendere fruibile l’area e su quelle (recinzioni e passerelle) che saranno introdotte con i prossimi interventi.

Uno degli interventi più significativi sarà quello del progetto ArcheoGarden, di cui hanno parlato il prof. Andrea Galli e la dott.ssa Valentina Piselli del gruppo di ricerca CIRP (Centro Interdipartimentale per la Ricerca sul Paesaggio) dell’Università Politecnica delle Marche. L’Università è stata coinvolta dalle due Soprintendenze e ha elaborato questo progetto a partire da esigenze specifiche.

Che cos’è ArcheoGarden? Andrea Galli ci ha spiegato che è un progetto sperimentale che ha l’obiettivo di gestire in modo migliore la vegetazione infestante nelle aree archeologiche e, allo stesso, migliorare la fruizione culturale dell’area. Per raggiungere questo obiettivo si va a cercare di costruire un nuovo rapporto tra uomo e natura, utilizzando le specie autoctone all’insegna della compatibilità ecologica e mirando quindi ad una riqualificazione funzionale della stessa vegetazione in nome di una gestione quasi auto-sostenibile. L’analisi del sito è iniziato durante lo scorso anno mentre l’esecuzione dei lavori ad aprile 2014; se vi affacciate dal punto d’osservazione di Via Birarelli già oggi è possibile vedere alcune aree oggetto di questo progetto. Per realizzare i lavori ArcheoGarden si è avvalso della collaborazione della Azienda agraria didattico sperimentale “Pasquale Rosati” dell’Università Politecnica delle Marche.

Una delle aree dell'anfiteatro oggetto del progetto ArcheoGarden

Una delle aree dell’anfiteatro oggetto del progetto ArcheoGarden

Valentina Piselli è scesa nel dettaglio del progetto parlando dei criteri di progettazione e della vera e propria realizzazione del progetto. I primi risultati sarà possibile ottenerli sono l’anno prossimo ma per il momento il lavoro ha interessato circa 400 mq davanti all’ingresso della gradinata dell’anfiteatro. Sono state sperimentate diverse soluzioni relative all’inerbimento, alla valorizzazione e allo sfalcio controllato.

Riguardo l’inerbimento, l’obiettivo è stato quello di chiudere il terreno per impedire ad altra vegetazione di crescere, utilizzando una formula pensata esclusivamente per l’archeologia e applicata in prossimità della pedana, per rendere più pulita l’area che sarà più visibile. Nelle sezioni più esterne, invece, si è voluta utilizzare una composizione floristica di specie autoctone, quasi a ricollegarsi con l’esterno, mantenendo comunque lo status del luogo ed evitando l’effetto del campo di calcio.

Le soluzioni per la valorizzazione prevedono di creare un ambiente con pochi arbusti e alcune edere per celare o mettere in evidenza determinate aree e, allo stesso tempo, utilizzare specie come cappero, ginestra e lentisco in quelle zone in pendenza dove l’inerbimento in altri modi non era possibile.

Lo sfalcio controllato sarà utile per selezionare la composizione vegetale infestante meno invasiva; questa pratica è piuttosto lenta, in quanto i primi risultati saranno visibili in media tra 5 anni. Questa sperimentazione è iniziata nella zona meno visitata.

ArcheoGarden si inserisce in maniera innovativa in uno spazio, quello della gestione della vegetazione infestante, ancora poco sperimentato in archeologia. Andrea Galli vede nel progetto alcune interessanti prospettive: dalla possibile valorizzazione dell’anfiteatro “in-out-in” (anfiteatro-museo-anfiteatro), a quella di essere una palestra per formare nuove professionalità per gli agronomi, fino a quella di contribuire a formare una consapevole identità culturale e a portare ad una maggiore partecipazione.

La terrazza di Palazzo Ferretti gremita per l'incontro

Al termine della presentazione del progetto ArcheoGarden, Nicoletta Frapiccini ha ricordato i vari archeologi che si sono susseguiti nel corso degli anni nella direzione degli scavi all’anfiteatro e ha illustrato i risultati degli ultimi saggi, affidati all’impresa Lepsa e diretti dal dott. Loris Salvucci. Questi ultimi interventi avevano l’obiettivo di scendere fino al livello dell’arena per indagare il suo stesso reinterro, avvenuto in età altomedievale. Sono state individuate 3 fasi, che si caratterizzano per la presenza di strutture, focolari e di fornetti, testimoniando la presenza di attività artigianali su un’arena che aveva ormai perso la sua funzione originaria. Nicoletta Frapiccini ha anche mostrato le fotografie di alcuni dei reperti rinvenuti: da monete tardoantiche ed altomedievali ad oggetti in bronzo e in osso.

La serata si è conclusa con la solita degustazione di Verdicchio. Il prossimo incontro di “Al Museo archeologico di sera”, fissato per mercoledì 16 luglio alle 21.30, avrà un tema letterario con la drammatizzazione di “Le predilezioni del pomeriggio” di E. Picardi. Vi aspettiamo numerosi!

Francesco Ripanti, SISBA

Un aruspice etrusco a Museo: storia e intervista di Caio Manlio

4 Lug

Cosa ci fa un aruspice etrusco a Cupra Marittima nel II secolo d.C.? Che cos’è l’aruspicina? E’ vero che gli aruspici leggevano le viscere?

Non sono domande tratte da programmi televisivi alla ricerca di argomenti accattivanti per attrarre il pubblico; raccontano solo alcuni dei temi affrontati lo scorso mercoledì 2 luglio da Filippo Demma, durante la terza serata di “Al Museo Archeologico di Sera”.

La storia è frutto di una ricerca negli archivi e nei magazzini della Soprintendenza e prende spunto da una lastra funeraria, trovata riutilizzata in un’altra tomba a Montefiore d’Aso durante gli scavi del 1911. L’epigrafe, databile al II secolo d.C., è stata apposta da Vibennia Iustina per sua madre Vibennia Gliconide e per suo padre, il protagonista della serata, Caio Manlio, definito come aruspice etrusco. La sua provenienza etrusca trova conferma nell’indicazione della tribù di appartenenza, la Oufentina, originaria di Siena, e nel nomen Vibenna, molto diffuso in Etruria. Caio Manlio potrebbe essere vissuto a Cupra Marittima e aver esercitato la sua arte vendendo le sue interpretazioni.

La lastra, inizialmente conservata al nostro museo quando aveva sede a S. Francesco alle Scale, era andata dispersa durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale ed è stata recentemente rintracciata nel deposito dei magazzini del museo.

L’incontro è proseguito con un approfondimento sulla disciplina etrusca e la storia dell’aruspicina nel mondo romano; come al solito il pubblico, intervenuto numeroso, ha potuto concludere la serata con una degustazione di Verdicchio e, per chi voleva approfondire, con una visita guidata della dott.ssa Nicoletta Frapiccini al lituo conservato nella sala dedicata ad Ancona ellenistica.

Filippo Demma

Per saperne di più sull’argomento vi proponiamo un’intervista immaginaria al protagonista della serata, Caio Manlio.

Signor Caio Manlio, innanzitutto La ringraziamo di aver accettato ad essere intervistato per il nostro blog. Non potevamo farci sfuggire l’occasione di farLe alcune domande dopo aver ascoltato la Sua storia dal nostro archeologo Filippo Demma.

Il piacere è mio. Sono contento che Filippo Demma si sia interessato alla mia carriera da aruspice e abbia raccontato la storia della mia arte; a quanto vedo nel XXI secolo non è più praticata…

E’ proprio così ma Lei ci può sicuramente aiutare a definirla meglio. Abbiamo letto dalla sua epigrafe funeraria che è stato un’aruspice nel II secolo d.C.: quali erano i suoi compiti?

L’aruspicina è un’arte mantica tra le più antiche. Noi aruspici abbiamo il compito di analizzare ed interpretare i segni, e in ultimo di propiziare gli dei al momento dell’espiazione. Avvalendoci dei libri fulgurales leggiamo i segni celesti dai fulmini e con i libri haruspicinii i segni terrestri, utilizzando perlopiù i fegati delle pecore ma anche cuori, polmoni e milze di altri animali come capre e mucche.

Molto interessante. Però i fenomeni soprannaturali non si verificano con grande frequenza. Lei dove e come svolgeva la sua attività, come riusciva a mantenere la sua famiglia?

Con i libri rituales leggiamo anche le attività del vivere quotidiano, ad esempio come va fatta la limitatio per fondare una città e come si suddividono i campi. Prescriviamo veri e propri rituali che sono molto seguiti e che vengono spesso richiesti. La mia arte è molto rinomata e alla mia epoca, nel II secolo d.C., molti di noi hanno un posto nelle istituzioni cittadine. Questi non hanno problemi a mantenere la famiglia. Io invece… nonostante sia un aruspice etrusco, iscritto alla tribù Oufentina, originaria di Sena Iulia (quella che voi chiamate Siena), vendo la mia arte per le richieste più infime…

Allora Lei è uno di quegli aruspici che Plauto, il famoso scrittore di commedie, definisce nel “Gorgoglione” come “mercanti di sé stessi”. Come commenta questi parole?

Come posso commentare Plauto? E’ un commediografo che è vissuto 300 anni prima di me! Guardate, le critiche non mi turbano, sono un aruspice serio io; interpreto i segni secondo la disciplina etrusca, se poi sono costretto a vendere la mia arte per sopravvivere non ci trovo niente di male.

Ci può far capire le differenze tra aruspici e auguri? Tutti e due interpretano i segni giusto?

Non mi vorrà paragonare ad un augure, vero? C’è una differenza sostanziale: gli auguri leggono solo il volo degli uccelli e la loro conoscenza deriva esclusivamente dai segni. Riportano la loro interpretazione e non vanno oltre. Noi aruspici invece facciamo di più: la nostra conoscenza non deriva solo dai segni, noi siamo in grado di dialogare con la divinità e per questo siamo in grado di dare consigli. Per questo siamo molto ascoltati anche dai vertici della società romana.

Filippo Demma ipotizza che Lei potrebbe aver partecipato alla ricostruzione del tempio della dea Cupra all’epoca dell’imperatore Adriano. Ci può dare qualche informazione in più.

In effetti il tempio della dea Cupra fu fondato dagli Etruschi, lo scrive anche Strabone, e un mio coinvolgimento nella ricostruzione dell’imperatore Adriano sarebbe senza dubbio indicato. Io saprei come renderlo nuovamente il centro della vita religiosa di Cupra Marittima! Detto questo, in assenza di altre informazioni non posso confermare il mio coinvolgimento.

Rispettiamo il suo silenzio stampa e la ringraziamo per averci concesso questa intervista.

Grazie a voi e a presto!

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Vi diamo appuntamento a mercoledì 9 per parlare insieme a Stefano Gizzi e ad Andrea Galli del restauro dell’anfiteatro di Ancona e dell’innovativo progetto “Archeogarden”. Vi aspettiamo!

Francesco Ripanti,  SISBA

 

Tra touch e storie: un nuovo percorso multimediale per il Museo Archeologico

26 Giu

Come sarà il Museo Archeologico delle Marche nel prossimo futuro?

Questo è stato l’oggetto dell’incontro di mercoledì 25 giugno, il secondo della rassegna “Al Museo Archeologico di Sera”. Il Museo cambia con un percorso multimediale: nuovi strumenti tecnologici e nuove modalità di comunicazione dei contenuti con il duplice obiettivo di rendere più facile e lineare la visita alle collezioni e di un maggior coinvolgimento dei visitatori.

Di tutto questo si è parlato con la dott.ssa Nicoletta Frapiccini, Responsabile dei Servizi Educativi del Museo, con Franco Scoppolini, Project Manager di ETT s.p.a. e con Francesco Ripanti, archeologo della Scuola Interateneo di Specializzazione in Beni Archeologici (Università di Trieste, Udine, Venezia Ca’ Foscari).

Nonostante il brutto tempo non abbia permesso di svolgere come di consueto l’evento sulla terrazza di Palazzo Ferretti, la serata ha riservato molte sorprese a coloro che erano presenti in sala.

La dott.ssa Nicoletta Frapiccini ha introdotto il progetto multimediale indicando obiettivi, soggetti coinvolti e linee generali. Il visitatore avrà la possibilità di scegliere tra diversi percorsi di visita attraverso una app e accessibili con smartphone e tablet (questi ultimi saranno messi a disposizione all’entrata). Una volta scelto il percorso, ad introdurre le sezioni del museo ci saranno un tavolo multitouch e tre “oggetti parlanti”; all’interno delle sezioni è possibile approfondire gli oggetti facenti parte del percorso tramite il sistema dei QR code. Il QR code rimanda all’applicazione, dove si potranno trovare informazioni in una versione per adulti, in una per bambini e sotto forma di storia.

La dott.ssa si è inoltre soffermata sulla necessità di armonizzare il più possibile lo storico allestimento di Franco Minissi con i nuovi strumenti tecnologici di cui il museo non poteva comunque più fare a meno. Questa sarà una sfida da affrontare nel momento in cui si metterà a punto il nuovo percorso.

Nicoletta Frapiccini

Franco Scoppolini ha illustrato in dettaglio gli strumenti multimediali che saranno a disposizione dei visitatori del museo. Il tavolo multitouch conterrà le informazioni generali sulle singole sezioni e darà la possibilità di visualizzare, allargare e spedirsi via mail le fotografie. Conterrà inoltre dei giochi per il folto pubblico di bambini che quotidianamente visita il nostro museo.

Una delle novità a livello italiano sarà la vetrina interattiva che conterrà gli oggetti parlanti delle singole sezioni. Il visitatore può interagire con la vetrina dal lato frontale: quando è inattiva è come una vetrina normale, attraverso cui vedere l’oggetto, mentre attivandola si accede ad un menu che permette di visualizzare informazioni e foto sul pezzo esposto. Come già accennato la vetrina darà la possibilità di far parlare l’oggetto attraverso dei sensori attivati dai visitatori che entrano.

E’ proprio quello degli “oggetti parlanti” il tema principale che è risultato la chiave dell’intero progetto: tecnologia e contenuti sotto forma di storie al servizio dei visitatori.

Franco Scoppolini

Francesco Ripanti ha curato i contenuti e ha incentrato il suo intervento sullo storytelling, vera novità per l’esposizione dei contenuti nel museo. Si è parlato di che cos’è lo storytelling, di come e perché sia diventato così importante negli ultimi anni e del perché sia indispensabile fare storytelling in un museo.

La scelta del nostro museo di raccontarsi risale al marzo proprio con l’apertura di questo blog e della pagina FB e l’inserimento di storie sugli oggetti e sui contesti per questo progetto ne è una logica conseguenza.

Francesco Ripanti ha poi raccontato come nasce una storia e quali sono le regole da seguire per una narrazione storica corretta. In ultimo è stata letta una delle storie che faranno parte del percorso, quella sui pastori transumanti del sito del bronzo medio di Monte S. Croce di Sassoferrato: tra bivacchi, scodelle e olle appenniniche la storia ha al suo interno tutte le informazioni che sono presenti anche nella tradizionale versione per adulti che è comunque presente nella scheda riguardante la vetrina.

Francesco Ripanti

Infine è stato proposto il video “Ho fatto un sogno” di Giancarlo Colis della Accademia delle Belle Arti di Macerata, che introdurrà alla sezione picena. Anche il video racconta una storia, quella della dama picena di Cupra Marittima. Per l’occasione il video suggerisce al visitatore di astrarsi dalla realtà del museo, di immergersi nel paesaggio marchigiano e di pensare all’antica dama con le sue vesti e i suoi ornamenti esposti nelle vetrine. Il video cerca di indurci a questo proprio mettendo in scena la dama che si aggira tra le vetrine del museo.

La serata è terminata con la solita degustazione di Verdicchio dei Castelli di Jesi, offerto dall’azienda Vini Santa Barbara di Barbara (AN), sulla terrazza del museo, ritornata accessibile sotto il cielo stellato. La degustazione è stata un’ottima occasione per il pubblico per chiedere ulteriori informazioni sul progetto multimediale appena presentato.

Degustazione

L’appuntamento con i nuovi percorsi sarà entro l’anno ma speriamo di rivedervi tutti mercoledì prossimo al terzo incontro di “Al Museo Archeologico di Sera” con “Un aruspice etrusco a Cupra Marittima” di Filippo Demma.

Francesco Ripanti, SISBA

Con i ghiri alla Notte dei Musei

27 Mag

4 ore di apertura straordinaria, un oggetto unico nelle Marche, oltre 800 visitatori.

Questa è stata in breve la Notte dei Musei 2014 del nostro Museo, evento organizzato dal Servizio Educativo e reso possibile grazie alla disponibilità di tutto il personale. Lo scorso sabato 17 maggio, dalle 20 a mezzanotte, un vero e proprio fiume di visitatori ha invaso Palazzo Ferretti per vedere da vicino il glirarium, un vaso in terracotta destinato all’allevamento dei ghiri a scopo mangereccio, rinvenuto nel 1963 nell’area dell’antica città romana di Helvia Ricina (situata al centro dell’odierna Villa Potenza).

Come funzionava il glirarium? I ghiri venivano rinchiusi in questo tipo di vaso, un orcio con un coperchio caratterizzato da una serie di fori per l’aerazione praticati a crudo e da alcune costolature a spirale sporgenti sull’interno delle pareti per consentire loro il movimento. All’interno del glirarium, i ghiri erano tenuti ad ingrassare e, forse, a riprodursi. Questa pratica è molto nota da autori romani come Varrone e Plinio, che ci testimoniano come questi animaletti erano ritenuti una leccornia ed un prodotto di lusso.

Il glirarium

Il protagonista della Notte dei Musei: il glirarium

Il glirarium è stato il protagonista assoluto della serata ma non il solo. Il personale del museo ha infatti organizzato quattro visite guidate all’intera collezione, intervallate da due alla storia e agli affreschi di Palazzo Ferretti tenute da Francesca Farina.

Con la galleria delle foto più significative della serata, vi diamo appuntamento al prossimo evento!

Francesco Ripanti, SISBA

Il Museo Archeologico Nazionale delle Marche alla #Museumweek

8 Apr

Racconti, quiz, ricordi, giochi e molto altro. Tutto questo è stata la prima edizione di #Museumweek che si è svolta la settimana dal 24 al 30 marzo, su Twitter. 7 giorni durante i quali musei e followers hanno interagito all’insegna dell’approfondimento, della curiosità e del divertimento. Un nuovo appuntamento online, promosso direttamente da Twitter, che coinvolto più di 600 musei in Europa dando la possibilità al pubblico di scoprire nuovi musei e di riscoprire sotto un’altra luce quelli universalmente noti.

Anche il Museo Archeologico Nazionale delle Marche ha partecipato in questo tour de force a suon di tweet. Ripercorriamo brevemente insieme questi intensissimi 7 giorni.

Lunedì 24 si è partiti con #DayInTheLife, ovvero il racconto in diretta della giornata del museo. Il caso ha voluto che lunedì il nostro museo sia chiuso ma questa è diventata l’occasione giusta per rivelare che cosa succede “dietro le quinte”: l’arrivo del personale, le pulizie, il nostro “social media team” al lavoro e molto altro.

Martedì 25 è stato il giorno di #MuseumMastermind; i musei hanno proposto dei quiz al pubblico, che ha così avuto modo di interagire direttamente, scoprendo particolarità e connessioni tra oggetti e musei. Con i nostri quiz abbiamo percorso un viaggio nel tempo, dalla preistoria ad Ancona romana, all’interno della collezione del museo.

Mercoledì 26 si è proseguito con #MuseumMemories; i visitatori sono stati invitati a condividere i propri ricordi…

…e noi al museo abbiamo fatto lo stesso, a partire dalla storia e dagli eventi dell’ultimo anno fino alle parole degli assistenti.

Giovedì 27 è stata la volta di #BehindTheArt. Non abbiamo avuto difficoltà a rintracciare aneddoti, storie e segreti della nostra sede museale, Palazzo Ferretti. Notizie sulla storia del palazzo e foto storiche per far conoscere meglio questo edificio del centro storico di Ancona.

Venerdì 28 e Sabato 29 si è proseguito con #AskTheCurator e #MuseumSelfies, due tematiche nuove su cui l’interazione è rimasta bassa e su cui cercheremo di lavorare prossimamente.

Al contrario grande partecipazione c’è stata Domenica 30, l’ultimo giorno dell’iniziativa con #GetCreative. In questo caso si chiedeva al pubblico di partecipare mettendo in gioco inventiva e voglia di raccontare in 140 caratteri, a partire da spunti che i musei dovevano proporre. Per il nostro museo è stata una grande chiusura della MuseumWeek.

La settimana è stata molto stimolante da tutti i punti di vista: dall’organizzazione delle giornate al proporre quiz e spunti originali, dal controllare minuto per minuto le interazioni al rispondere alle domande più inaspettate fino a vedere, al termine della settimana, più di 200 nuovi followers sul nostro elenco e soprattutto molte domande/risposte con utenti appassionati.

Non resta che far notare come questo tipo di comunicazione e interazione online sia riuscito a trasformare in un successo l’iniziativa e speriamo anche a stimolare il pubblico a venire a visitare i tantissimi musei italiani che hanno partecipato.

Francesco Ripanti, SISBA

 

Un “Pesce d’aprile al museo” con bambini, mosaici e origami

4 Apr

Ore 20.20 circa. L’aperitivo al museo è ormai concluso, le visite guidate terminate e le famiglie si apprestano ad uscire. Un bambino con una felpa rossa si ferma, richiama l’attenzione dell’assistente Paola e chiede:

Mi scusi, il laboratorio è ancora aperto? Vorrei fare un altro pesce!

Pesce d'aprile al Museo

Nel pomeriggio di Martedì 1 aprile il museo ha ospitato la seconda edizione di “Pesce d’aprile al museo”, organizzata dal Servizio Educativo della SBA Marche in collaborazione con Vista Mare, Raval e Osteria dal Pozzo e con l’imprescindibile aiuto del personale del museo.

Il pesce rosso di “Vista Mare” sotto la targa del museo e i pesci in origami sul cancello di Palazzo Ferretti e sulla copia dell’Idolino di Pesaro hanno accolto i bambini e i loro genitori al loro arrivo intorno alle 17, come a preannunciare un pomeriggio all’insegna del divertimento e della cultura.

Le attività sono partite subito, con i bambini a far conoscenza dell’ittiosauro guidati dall’assistente Paola e gli adulti alla scoperta dei mosaici di Ancona romana con la curatrice Nicoletta Frapiccini. Gli sguardi stupiti dei bambini di fronte al rettile marino e le curiosità dei genitori sul luogo di ritrovamento degli emblema deponevano a favore dell’interesse suscitato dalla visita guidata.

Pesce d'aprile al Museo

Successivamente i bambini si sono dedicati al laboratorio, seguiti da Eliana, Maria e Paola. Prima hanno mosaicato con tessere colorate di carta un pesce che prendeva spunto da quello dell’emblema di Corso Mazzini, poi hanno realizzato pesci di varie dimensioni secondo l’arte dell’origami. Alcuni bambini hanno voluto attaccare i loro pesci al cancello di Palazzo Ferretti lasciando così il loro contributo, altri hanno preferito portarseli a casa come ricordo di questa giornata.

Pesce d'aprile al Museo

Nel frattempo gli adulti avevano concluso la loro visita nella sala conferenze, dove la dott.ssa Nicoletta Frapiccini aveva mostrato loro una galleria di immagini con altri esempi di mosaici romani con i pesci come soggetto e raccontato come si realizzava un mosaico.

Adulti e bambini si sono infine ritrovati sulla terrazza di Palazzo Ferretti per concludere il pomeriggio con un’aperitivo a base di pesce e con una degustazione di vini, offerta dall’azienda Moroder, alla luce del sole del tramonto.

Pesce d'aprile al Museo

Per la galleria di immagini completa vi rimandiamo alla nostra pagina Facebook e speriamo di vedervi tutti al prossimo evento del museo. Stay tuned!

Francesco Ripanti, SISBA