Cosa ci fa un aruspice etrusco a Cupra Marittima nel II secolo d.C.? Che cos’è l’aruspicina? E’ vero che gli aruspici leggevano le viscere?
Non sono domande tratte da programmi televisivi alla ricerca di argomenti accattivanti per attrarre il pubblico; raccontano solo alcuni dei temi affrontati lo scorso mercoledì 2 luglio da Filippo Demma, durante la terza serata di “Al Museo Archeologico di Sera”.
La storia è frutto di una ricerca negli archivi e nei magazzini della Soprintendenza e prende spunto da una lastra funeraria, trovata riutilizzata in un’altra tomba a Montefiore d’Aso durante gli scavi del 1911. L’epigrafe, databile al II secolo d.C., è stata apposta da Vibennia Iustina per sua madre Vibennia Gliconide e per suo padre, il protagonista della serata, Caio Manlio, definito come aruspice etrusco. La sua provenienza etrusca trova conferma nell’indicazione della tribù di appartenenza, la Oufentina, originaria di Siena, e nel nomen Vibenna, molto diffuso in Etruria. Caio Manlio potrebbe essere vissuto a Cupra Marittima e aver esercitato la sua arte vendendo le sue interpretazioni.
La lastra, inizialmente conservata al nostro museo quando aveva sede a S. Francesco alle Scale, era andata dispersa durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale ed è stata recentemente rintracciata nel deposito dei magazzini del museo.
L’incontro è proseguito con un approfondimento sulla disciplina etrusca e la storia dell’aruspicina nel mondo romano; come al solito il pubblico, intervenuto numeroso, ha potuto concludere la serata con una degustazione di Verdicchio e, per chi voleva approfondire, con una visita guidata della dott.ssa Nicoletta Frapiccini al lituo conservato nella sala dedicata ad Ancona ellenistica.

Per saperne di più sull’argomento vi proponiamo un’intervista immaginaria al protagonista della serata, Caio Manlio.
Signor Caio Manlio, innanzitutto La ringraziamo di aver accettato ad essere intervistato per il nostro blog. Non potevamo farci sfuggire l’occasione di farLe alcune domande dopo aver ascoltato la Sua storia dal nostro archeologo Filippo Demma.
Il piacere è mio. Sono contento che Filippo Demma si sia interessato alla mia carriera da aruspice e abbia raccontato la storia della mia arte; a quanto vedo nel XXI secolo non è più praticata…
E’ proprio così ma Lei ci può sicuramente aiutare a definirla meglio. Abbiamo letto dalla sua epigrafe funeraria che è stato un’aruspice nel II secolo d.C.: quali erano i suoi compiti?
L’aruspicina è un’arte mantica tra le più antiche. Noi aruspici abbiamo il compito di analizzare ed interpretare i segni, e in ultimo di propiziare gli dei al momento dell’espiazione. Avvalendoci dei libri fulgurales leggiamo i segni celesti dai fulmini e con i libri haruspicinii i segni terrestri, utilizzando perlopiù i fegati delle pecore ma anche cuori, polmoni e milze di altri animali come capre e mucche.
Molto interessante. Però i fenomeni soprannaturali non si verificano con grande frequenza. Lei dove e come svolgeva la sua attività, come riusciva a mantenere la sua famiglia?
Con i libri rituales leggiamo anche le attività del vivere quotidiano, ad esempio come va fatta la limitatio per fondare una città e come si suddividono i campi. Prescriviamo veri e propri rituali che sono molto seguiti e che vengono spesso richiesti. La mia arte è molto rinomata e alla mia epoca, nel II secolo d.C., molti di noi hanno un posto nelle istituzioni cittadine. Questi non hanno problemi a mantenere la famiglia. Io invece… nonostante sia un aruspice etrusco, iscritto alla tribù Oufentina, originaria di Sena Iulia (quella che voi chiamate Siena), vendo la mia arte per le richieste più infime…
Allora Lei è uno di quegli aruspici che Plauto, il famoso scrittore di commedie, definisce nel “Gorgoglione” come “mercanti di sé stessi”. Come commenta questi parole?
Come posso commentare Plauto? E’ un commediografo che è vissuto 300 anni prima di me! Guardate, le critiche non mi turbano, sono un aruspice serio io; interpreto i segni secondo la disciplina etrusca, se poi sono costretto a vendere la mia arte per sopravvivere non ci trovo niente di male.
Ci può far capire le differenze tra aruspici e auguri? Tutti e due interpretano i segni giusto?
Non mi vorrà paragonare ad un augure, vero? C’è una differenza sostanziale: gli auguri leggono solo il volo degli uccelli e la loro conoscenza deriva esclusivamente dai segni. Riportano la loro interpretazione e non vanno oltre. Noi aruspici invece facciamo di più: la nostra conoscenza non deriva solo dai segni, noi siamo in grado di dialogare con la divinità e per questo siamo in grado di dare consigli. Per questo siamo molto ascoltati anche dai vertici della società romana.
Filippo Demma ipotizza che Lei potrebbe aver partecipato alla ricostruzione del tempio della dea Cupra all’epoca dell’imperatore Adriano. Ci può dare qualche informazione in più.
In effetti il tempio della dea Cupra fu fondato dagli Etruschi, lo scrive anche Strabone, e un mio coinvolgimento nella ricostruzione dell’imperatore Adriano sarebbe senza dubbio indicato. Io saprei come renderlo nuovamente il centro della vita religiosa di Cupra Marittima! Detto questo, in assenza di altre informazioni non posso confermare il mio coinvolgimento.
Rispettiamo il suo silenzio stampa e la ringraziamo per averci concesso questa intervista.
Grazie a voi e a presto!
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Vi diamo appuntamento a mercoledì 9 per parlare insieme a Stefano Gizzi e ad Andrea Galli del restauro dell’anfiteatro di Ancona e dell’innovativo progetto “Archeogarden”. Vi aspettiamo!
Francesco Ripanti, SISBA
Tag:al museo archeologico di sera, aruspice etrusco, filippo demma, intervista