Si conclude oggi il nostro viaggio tra le opere di arte contemporanea ospitate a Palazzo Ferretti, con “Tors” di Bledian Ibrahimllari, prima classificata al Premio Mannucci di quest’anno.

Bledian Ibrahimllari
Tors, 2013
Gesso
Cm 45 x 35 x 50
Accademia Belle Arti, Tirana
Più ‘tradizionale’ nel soggetto rispetto all’opera della Charitonidi vista la settimana scorsa è “Tors” di Bledian Ibrahimllari, che in termini fortemente sintetici ed astratti descrive un torso maschile esaltandone la muscolatura e la potenza virile.
Opera enigmatica dal forte impatto visivo, anch’essa è in sintonia con i reperti esposti nelle teche in particolare con la decorazione in bronzo di un coperchio con danza di arcieri e opliti attorno ad un totem sormontato da quattro teste di animale, ritrovato nella necropoli orientalizzante di Pitino di San Severino, risalente al VII sec.
Di difficile interpretazione, i quattro personaggi maschili seminudi con elmo e scudo che si muovono intorno al totem potrebbero essere interpretati o come i protagonisti di una danza propiziatoria in onore del defunto oppure, con un riferimento alla Grecia (con la quale gli scambi divennero sempre più assidui), come degli atleti olimpionici.
Un altro reperto in relazione con il ‘torso’ contemporaneo è un kardiophylax del 580 a.C. Decorato a sbalzo con un personaggio maschile che esprime accentuata virilità, posizionato al centro di una creatura mostruosa: un animale a due teste, che facendo riferimento alla mitologia greca, potrebbe rappresentare la nascita dell’eroe da una divinità ed un comune mortale.
Forse l’intento del giovane Bledian è quello di sfatare il mito della perfezione estetica e presentarci la deformazione, il caos, lo scardinamento del famoso ‘canone di Policleto’ e dunque la rottura dell’equilibrio classico per una maggiore confusione e precarietà che, oggi più che mai, rappresentano il nostro sentire comune, senza rinunciare, però, al fascino misterioso e sensuale dell’antichità.
Osservati dallo sguardo vigile e un po’ malinconico del guerriero di Numana, le due opere contemporanee sembrano trovarsi al proprio agio tra i reperti archeologici e sotto l’imponente volta del salone affrescato nel corso del Cinquecento, probabilmente da Federico Zuccari, con motivi a grottesca.
Anche qui si compie il miracolo dell’arte: sintonia perfetta tra arte antica, moderna e contemporanea. Tre linguaggi completamente diversi tra loro che avvolgono lo spettatore in un’atmosfera senza tempo.
Valentina Visconti, Università di Urbino